L'oro di Europa by Marcello de Cecco

L'oro di Europa by Marcello de Cecco

autore:Marcello de Cecco
La lingua: ita
Format: epub
ISBN: 88-7989-455-2
editore: Donzelli
pubblicato: 1999-01-15T00:00:00+00:00


X. La crisi finanziaria asiatica

Nel precipitare della crisi finanziaria asiatica si può tentare di districare le parti che gli attori principali recitano in quel turbolento teatro. Il governo americano pare finora avere ottenuto tutto ciò che voleva. Ha impedito che il Giappone tentasse di organizzare un salvataggio del sistema finanziario asiatico a modo suo, cioè salvando i debitori allo scopo di salvare allo stesso tempo le proprie banche, impegnate massicciamente come creditrici, senza portarne nessuna al fallimento. Il governo americano ha insistito perché le operazioni di salvataggio fossero dirette dal Fondo monetario internazionale, con la ricetta consueta della svalutazione e della deflazione. Ad essa si è aggiunta, dopo le ultime crisi latino-americane, la richiesta ai paesi che si sono rivolti al Fmi di permettere a quest’ultimo di ispezionare le loro principali istituzioni finanziarie, raccomandandone la riforma e addirittura la chiusura, se necessario.

La proposta giapponese di organizzare una soluzione regionale alla crisi asiatica, d’altro canto, ha perduto credibilità non solo per la limitata sovranità politica nipponica ma anche per il recente, e assai visibile, affanno col quale il Giappone ha mostrato di far fronte alla difficile situazione che si è venuta sviluppando. È stato notato che, nel giro di pochi giorni il primo ministro giapponese ha cambiato per tre volte posizione in merito alla possibilità di destinare fondi pubblici al salvataggio delle banche giapponesi. Dall’affermazione è passato alla negazione e poi di nuovo all’affermazione. E l’ultima sua dichiarazione ha più o meno coinciso con la richiesta della Yamaichi Securities di essere messa in liquidazione, cioè con la manifestazione aperta del governo giapponese di non essere più in grado di fronteggiare le difficoltà con le ricette tradizionali.

Così, dopo una commovente inutile richiesta di aiuto al Giappone in articulo mortis da parte del governo coreano, questo ha dovuto gettare la spugna, svalutando la propria moneta e andando a Canossa, e cioè richiedendo l’intervento del Fondo.

Gli americani sono riusciti dunque a ottenere la paralisi delle iniziative regionali dei debitori così come del principale creditore. Ora sarà compito del Fondo districare la matassa. E già si comincia a dubitare che esso abbia le forze, sia di «manodopera» che di capitali, per riuscirci. Thailandia e Indonesia già gli hanno impegnato la bella cifra di 70 miliardi di dollari (anche se distribuiti su tre-quattro anni). L’intervento in Corea vale almeno altri 50 miliardi. E, nonostante le migliori intenzioni del suo capo di governo, anche la Malesia si prepara ad andare a Canossa.

Tralasciando la possibilità che anche i cinesi, nelle loro tre versioni attuali, siano costretti a ricorrere al Fondo, e che il contagio non si propaghi al Brasile e alla Russia, a tutt’oggi sono sempre circa 140 i miliardi di dollari che il Fondo si è impegnato a trovare, per far adottare la sua ricetta ai paesi che hanno finora richiesto il suo aiuto.

È bene ricordare a questo punto che il Fondo non è una banca centrale, che può sempre stampare una quantità illimitata di denaro, se la situazione di emergenza lo richiede. Il Fondo lavora, come dice il suo nome, su un pool di risorse, ancorché enormi, limitate.



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